13/01/13


Io volevo dirti che a volte mi manchi. A volte, a caso, come i morsi della fame. Perché ho sempre concordato che sentirsi vuoti fosse meglio, ma quando mi accorgo di essere vuoto di te, mi manchi.
Come oggi sotto la pioggia. Non so mica come e perché e dove nel mondo e quando nel tempo mi sei mancato. Avevo una casa sopra la testa e il freddo nelle scarpe. Una percora vecchia al collo e la tristezza negli occhi. E poi mi hai sparato. Ho sempre perso nei duelli, ti lasciavo vincere per quel sorriso beffardo che si è ingoiato la luce. Sotto quel sorriso c’è la Mecca. Sotto la Mecca l’Inferno. Ma tu ci hai mai creduto?
Credevi nelle falene e non in me. Mi hai sparato e le goccie di pioggia cercavano di curare le ferite. Forse è stato perché eri a petto nudo, con più peli del solito e meno ossa in corpo. Ed eri duro, come la mattina.
Ma quante volte si può perdere la stessa guerra? Che i kamikaze hanno le farfalle nello stomaco e la speranza nella testa. La speranza di fare la cosa giusta. Ma la cosa giusta l’ho sempre lasciata fare agli altri. Alla monetina che capitava o nella mano sinistra o in quella destra. Mi hanno messo due monete sugli occhi il giorno in cui sono morto. Tu invece lo stavi mettendo dentro ad altri.
E sono vuoto anche del tuo seme. Che non mi sono mai cresciuti fiori nella pancia, solo disordini e traslochi, solo fughe a notte tarda. Che però, per quanto fuggi, finisci sempre sotto la pioggia.