13/01/13


Io volevo dirti che a volte mi manchi. A volte, a caso, come i morsi della fame. Perché ho sempre concordato che sentirsi vuoti fosse meglio, ma quando mi accorgo di essere vuoto di te, mi manchi.
Come oggi sotto la pioggia. Non so mica come e perché e dove nel mondo e quando nel tempo mi sei mancato. Avevo una casa sopra la testa e il freddo nelle scarpe. Una percora vecchia al collo e la tristezza negli occhi. E poi mi hai sparato. Ho sempre perso nei duelli, ti lasciavo vincere per quel sorriso beffardo che si è ingoiato la luce. Sotto quel sorriso c’è la Mecca. Sotto la Mecca l’Inferno. Ma tu ci hai mai creduto?
Credevi nelle falene e non in me. Mi hai sparato e le goccie di pioggia cercavano di curare le ferite. Forse è stato perché eri a petto nudo, con più peli del solito e meno ossa in corpo. Ed eri duro, come la mattina.
Ma quante volte si può perdere la stessa guerra? Che i kamikaze hanno le farfalle nello stomaco e la speranza nella testa. La speranza di fare la cosa giusta. Ma la cosa giusta l’ho sempre lasciata fare agli altri. Alla monetina che capitava o nella mano sinistra o in quella destra. Mi hanno messo due monete sugli occhi il giorno in cui sono morto. Tu invece lo stavi mettendo dentro ad altri.
E sono vuoto anche del tuo seme. Che non mi sono mai cresciuti fiori nella pancia, solo disordini e traslochi, solo fughe a notte tarda. Che però, per quanto fuggi, finisci sempre sotto la pioggia.

09/12/12

Mi hai spinto ad essere il migliore. Mi hai spinto a fare cose terribili che mi hanno reso il migliore dei peggiori.
Non è mica colpa tua, no. Tu spingevi e basta. Spingevi roba chimica nelle tue vene, il giovedì. Dio quanto ho odiato i giovedì, uno dietro l'altro, uno sempre dietro all'altro, pronti a susseguirsi come le stagioni. Come i conati di vomito dopo che cerchi di far stare al caldo le dita.
Spingevi perchè io fossi il migliore, il migliore delle tue creazioni, che sarebbero state il tuo orgoglio.
Mi spingevi più in là nel letto, lontano dalla conca del fiume e mi spingevi contro il muro, quando litigavamo.
E poi c'è stata la volta che mi hai spinto sotto al treno. Mi ci spingevi ogni singola volta che ne passava uno.
Sono morto 152 volte, in un'estate. Come quando si portano i bambini alla stazione, piccoli miracoli fatti di banalità. Miracoli che non si capiscono e li si portano a guardare perchè è giusto così. Come bere quando hai sete. Come chiudere la porta del cesso, a chiave, anche se sai che non entrerò mai. Io, invece, prendevo la bici, la lasciavo lì, e mi sedevo. Ad ogni treno mi alzavo, andavo verso il binario, oltre il limite, mai oltre il buon senso, e saltavo. Immaginavo ogni singolo osso del mio corpo rompersi, le reazioni del mio corpo all'impatto. Mi chiedevo se sarebbe stato come il giorno che ti ho visto, la prima volta.

07/12/12

Ci pensi mai al destino?
Sono dentro ad una di quelle palline con la neve e la gente dice che è Dicembre.
Sei stato l'estate fredda del mio cuore, fredda come l'acciaio sulla pelle, quando lo poggi e spingi e poi c'è il calore del rosso. Sei stato l'estate che odio con tutte le forze. L'estate di noi che scopavamo sudando, ma eravamo giovani e innamorati, così diceva la gente. E mi si rompevano le acque dopo il tuo amore. C'è stata quella volta che mi hai mandato un cuore grande qualche metro con dentro un alfabeto imperfetto, come me. Come noi. Erano 56 pixel vuoti, come me all'epoca. Ed oggi ci pensavo sorridendo. Sorridevo all'idea perché sono dentro ad una bolla. Il destino è uno stronzo, come una prostituta malata che ti ha perdonato. Ti ho perdonato perché quell'estate sono morto un po'. Si muore un po' alla volta, dicono. E tutto continuava, senza che io gli dessi il permesso. Poi un giorno ho dato il permesso alle cose di continuare e piano piano è stato tutto più caldo, come tra le mie cosce, qualche notte. Ti ho perdonato e l'ho capito perché hai una nuova intimità e io tanti posti in cui fuggire, nella testa. Eri un re sgangherato e non sapevi gestire il tuo regno.
Un giorno mi perdonerai anche tu, quando la tua mononucleosi passerà.
E sarà Dicembre.
Ancora.

13/11/12


Oggi avevi il collo lungo come un’autostrada.
Non so se sia stata la corda ad allungartelo così tanto o se tu l'abbia sempre avuto e non me ne sono mai accorto.  Non cambia molto da oggi a ieri. Avevi il collo lungo come un’autostrada, di quelle lunghissime e con poche curve. Quelle dove appoggi la fronte al finestrino freddo e guardi, perso, che tutto ti sfreccia davanti e nulla cambia. Neanche noi cambiavamo. Cambiano solo i pensieri nella mente, e la musica alla radio che a volte è ridondante come le mie chiacchiere a notte tarda quando vuoi dormire o come tu che insisti che io debba imparare le tabelline, a 20 anni. Ma mentre tutti imparavate le cose normali io ero da un’altra parte, ero sulle poltroncine per entrare dal dottore, giocava ad essere mio amico. Giocavamo che io ero speciale ma per qualche motivo dovevo cambiare. Non ho mai capito perché. Ora mi diverto a cambiarmi i vestiti addosso. E non lo fa più la mamma quando di notte la svegliavo che avevo fatto la pipì a letto ed ero un piccolo manichino. Mi chiedo quante mani servano per coprire tutto il tuo collo. Quanto ci metteresti a soffocare, se arriveresti a 32 come quando contavo, sotto l’acqua, in apnea. Nuotavo come un pesciolino, dicevano. Ma giochiamo alla corsa sul tuo collo e poi stendiamoci accaldati, dal movimento e dai nostri ormoni giovani. Che non ci ha mai fermato il caldo, abbiamo sempre scopato contro i muri nonostante tutto. Era solo il presagio di una vita in galera. Mani in alto. Ma il tuo collo è quella strada dove ho sempre voluto correre con il tettuccio decapottato, con lei a fianco, e il sole, che mi bruccia la pelle e il vento che mi si scaglia in faccia come lame. Ogni libertà ha un prezzo, no? La tua è costata 56cm di corda.
Per me, avevi e avrai sempre, un collo bellissimo.

10/04/12

C'è stata quella volta che ci siamo lasciati. Mi hai lasciato. Mi hai lasciato per circa 22 ore emmezza. Mi ricordo di quella volta perchè sei entrato di nero col tuo passo militare, il viso duro. Sei entrato come il fascismo nella storia. E io ti ho accolto tranquillo, nessuna legione ad attenderti, nessuna baionetta pronta ad ammazzarti con un colpo, magari un po' titubante, ma allora è vero che la storia non insegna, che l'uomo fa sempre gli stessi errori. Forse è vero che nulla è più ingannevole del cuore. Il cuore non ha nulla di diverso da Lucifero. Io non mi ricordo tanto. Non mi ricordo tanto perchè credo che il mio cervello abbia inscatolato tutto per difendermi. Una volta hai fatto tu stesso "la scatola Federico", per difendere il tuo cuore, perchè te l'avevo pugnalato. Non mi ricordo tanto ma quel che basta per immaginarmi sul letto, tra le rose, come una bella addormentata che al risveglio ha 3 anni in più, e c'è una guerra. Litigavamo spesso, facevamo la pace ogni notte. E qualche mattina. Quando avevo i vestiti già pronti dalla sera prima. Non mi ricordo tanto e tantomeno il perchè di quel litigio. Non mi ricordo tanto ma mi ricordo di te che te ne esci, così com'eri entrato e io ti dissi acquedotto. Trovavo fosse una bella parola per finire una storia. Pensavo fosse una bella ultima parola.

11/01/12

A


l'architettura il design l'arte la moda la poesia il cinema d'elite
sono tutti diverse espressioni della stessa cosa
la pazzia,
penso.

10/01/12


I mandarini erano la mia salvezza, ogni volta che mi sentivo così andavo in frigo e ne estraevo uno, ci mettevo così tanto tempo a cavare tutti i filini bianchi che la fame quasi mi passava.
Era una bella sensazione

13/12/11

Ora vorrei solo fumare un pacchetto intero di sigarette non riuscire più a respirare svenire e sognare di qualcuno che felice cerca di fare il cielo mentre io triste guardo sfottendolo e incomincio a fumare un altro pacchetto di sigarette.

10/11/11

Sono Hiroshima, il 6 agosto 1945 alle 8:18

06/11/11

Vedere il lato bello, accontentarsi del momento migliore, fidarsi di quest’abbraccio e non chiedere altro perchè la sua vita è solo sua e per quanto tu voglia, per quanto ti faccia impazzire non gliela cambierai in tuo favore. Fidarsi del suo abbraccio, della sua pelle contro la tua, questo ti deve essere sufficiente, lo vedrai andare via tante altre volte e poi una volta sarà l’ultima, ma tu dici, stasera, adesso, non è già l’ultima volta? Vedere il lato bello, accontentarsi del momento migliore, fidarsi di quando ti cerca in mezzo alla folla, fidarsi del suo addio, avere più fiducia nel tuo amore che non gli cambierà la vita, ma che non dannerà la tua perchè se tu lo ami, e se soffri e se vai fuori di testa questi sono problemi solo tuoi; fidarsi dei suoi baci, della sua pelle quando sta con la tua pelle, l’amore è niente di più, sei tu che confondi l’amore con la vita.