09/12/12

Mi hai spinto ad essere il migliore. Mi hai spinto a fare cose terribili che mi hanno reso il migliore dei peggiori.
Non è mica colpa tua, no. Tu spingevi e basta. Spingevi roba chimica nelle tue vene, il giovedì. Dio quanto ho odiato i giovedì, uno dietro l'altro, uno sempre dietro all'altro, pronti a susseguirsi come le stagioni. Come i conati di vomito dopo che cerchi di far stare al caldo le dita.
Spingevi perchè io fossi il migliore, il migliore delle tue creazioni, che sarebbero state il tuo orgoglio.
Mi spingevi più in là nel letto, lontano dalla conca del fiume e mi spingevi contro il muro, quando litigavamo.
E poi c'è stata la volta che mi hai spinto sotto al treno. Mi ci spingevi ogni singola volta che ne passava uno.
Sono morto 152 volte, in un'estate. Come quando si portano i bambini alla stazione, piccoli miracoli fatti di banalità. Miracoli che non si capiscono e li si portano a guardare perchè è giusto così. Come bere quando hai sete. Come chiudere la porta del cesso, a chiave, anche se sai che non entrerò mai. Io, invece, prendevo la bici, la lasciavo lì, e mi sedevo. Ad ogni treno mi alzavo, andavo verso il binario, oltre il limite, mai oltre il buon senso, e saltavo. Immaginavo ogni singolo osso del mio corpo rompersi, le reazioni del mio corpo all'impatto. Mi chiedevo se sarebbe stato come il giorno che ti ho visto, la prima volta.

07/12/12

Ci pensi mai al destino?
Sono dentro ad una di quelle palline con la neve e la gente dice che è Dicembre.
Sei stato l'estate fredda del mio cuore, fredda come l'acciaio sulla pelle, quando lo poggi e spingi e poi c'è il calore del rosso. Sei stato l'estate che odio con tutte le forze. L'estate di noi che scopavamo sudando, ma eravamo giovani e innamorati, così diceva la gente. E mi si rompevano le acque dopo il tuo amore. C'è stata quella volta che mi hai mandato un cuore grande qualche metro con dentro un alfabeto imperfetto, come me. Come noi. Erano 56 pixel vuoti, come me all'epoca. Ed oggi ci pensavo sorridendo. Sorridevo all'idea perché sono dentro ad una bolla. Il destino è uno stronzo, come una prostituta malata che ti ha perdonato. Ti ho perdonato perché quell'estate sono morto un po'. Si muore un po' alla volta, dicono. E tutto continuava, senza che io gli dessi il permesso. Poi un giorno ho dato il permesso alle cose di continuare e piano piano è stato tutto più caldo, come tra le mie cosce, qualche notte. Ti ho perdonato e l'ho capito perché hai una nuova intimità e io tanti posti in cui fuggire, nella testa. Eri un re sgangherato e non sapevi gestire il tuo regno.
Un giorno mi perdonerai anche tu, quando la tua mononucleosi passerà.
E sarà Dicembre.
Ancora.